Il grande dittatore

Prima guerra mondiale: il barbiere ebreo a cui l’esercito tomano ha affidato la grande Berta, un cannone di proporzioni smodate, riesce a compiere da solo una missione eroica alla fine della quale salverà la vita di un suo superiore, l’ufficiale Schultz, ma perderà la memoria. Trascorrono anni, terribili giorni in cui il poveretto si trova relegato in un letto di ospedale sottoposto a tutte le cure necessarie per recuperare i suoi ricordi. Quando finalmente viene dimesso però trova un mondo totalmente diverso rispetto a come lo aveva lasciato: molti concittadini ad esempio compiono atti vandalici ai danni del suo negozio, altri deridono gli ebrei e la sua gente deve fare i conti con parecchie limitazioni. Il poveretto, ignaro degli stravolgimenti politici e sociali subiti dal mondo, reagisce. Questo suo inconsapevole coraggio fa subito breccia nel cuore di Hannah, una ragazza ebrea che non perde occasione di sbeffeggiare Adenoid Hynkel, il perfido dittatore della Tomania. Quando i due, sempre più imbufaliti, stanno per essere impiccati dai soldati che presidiano il ghetto, Schultz, il comandante salvato anni prima, restituisce il favore. L’ufficiale, tra l’altro poco propenso ad assecondare i deliri di onnipotenza del dittatore, finisce in un campo di concentramento quando si rifiuta di invadere l’Ostria. Fuggito da lì, ripara al ghetto dove mette in piedi una vera e propria sommossa popolare. Fallita miseramente la cospirazione, sia Schultz che il barbiere ebreo vengono deportati in un campo di concentramento. Intanto Hynkel stringe accordi con il dittatore di Batalia (Bonito Napaloni) al fine di invadere l’Ostria. Le cose però, complice il caso ed il buon cuore di Schultz e del barbiere ebreo, andranno diversamente da come programmato… La pellicola, datata 1940, è chiaramente basata sulla storia europea contemporanea alla prima proiezione. Il film, uno dei più costosi tra quelli realizzati da Chaplin, espose ovviamente l’attore a parecchie critiche e venne rimaneggiato da un gran numero di censure.