Zero Dark Thirty

E’ il 2003 quando, da poco conseguita la laurea, Maya Lambert prende servizio all’ambasciata americana di Islamabad. In realtà l’incarico è una copertura: la giovane donna è infatti un’agente della CIA incaricata di scovare Osama Bin Laden. Suo punto di riferimento è il ben più esperto agente Dan il quale non esista a sottoporre le persone in qualche modo ritenute vicine al terrorista, primo tra tutti Ammar Al Baluchi, ad ogni genere di tortura pur di carpire delle informazioni utili. Un anno di sevizie però non piega la volontà dell’estremista islamico: per ottenere finalmente qualche dritta infatti ci vuole tutta l’astuzia di Maya che, sfruttando un astuto stratagemma, spinge Ammar a parlarle di Abu Ahmad Al Kuwayti, corriere del più temuto terrorista di tutti i tempi (è proprio lui infatti a mettere in contatto il capo di Al Qaeda e Abu Faraj Al Libi, suo braccio destro). Passano gli anni, è ormai il 2005, ed i servizi segreti riescono finalmente a mettere le mani su Abu Faraj. Le indagini a questo punto vertono su Abu Ahmed, tassello mancante per arrivare in ultimo a Bin Laden. Al fianco di Maya adesso c’è anche Jessica che tenta di portare a termine lo stesso obiettivo perseguendo la via della corruzione. Entrambe le strade, quella percorsa da Maya e quella seguita da Jessica, falliscono miseramente. La protagonista però, sebbene abbia dovuto assistere alla morte della collega e abbia a sua volta rischiato di perdere la vita in un attentato terroristico, non si lascerà abbattere tanto facilmente… La pellicola, vero e proprio successo ai botteghini, ha sollevato parecchie questioni: alcuni hanno infatti prospettato la possibilità che l’allora presidente Obama (è il 2012) abbia dato agli sceneggiatori la possibilità di accedere a documenti riservati. Inoltre nel corso del film si polemizza parecchio sull’uso delle torture inflitte ai criminali e si puntualizza che queste, caduto il governo Bush, non possono essere più praticate.